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12.4.22 L’editoriale di Alessandro Feroldi

Putin, Gengis Khan

Gengis Khan, mongolo, abilissimo cavaliere e guerriero, creò il più grande impero della storia umana: Cina, Russia, Persia, Medio Oriente, Europa Orientale. Con una sola strategia: far decapitare tutti gli esseri umani che incontrava con la sua armata a cavallo. La fama dilagò e i popoli si sottomisero prima del suo arrivo, tenendo alla testa. Mille anni dopo un leader che ambisce a dimensioni imperiali usa malamente la stessa strategia: bombarda con aerei e missili, per fare tabula rasa, poi manda avanti una sgangherata fanteria a finire l’opera non militare ma terroristica. Per inciso la legge russa proibisce di mandare soldati di leva all’estero. Fra l’altro, se mai conquistasse l’Ucraina di 42 milioni di abitanti, Putin dovrebbe controllare la popolazione con almeno l’1% di forze di polizia e militari, cioè 400.000 effettivi che la Russia non ha da dislocare all’estero salvo sguarnire tutti i confini. Forse si aspettava un’Ucraina con bandierine e fiori come l’Anschluss di Hitler con l’Austria. I molti giornalisti italiani sul campo riferiscono che i russofoni e russofili del Donbass sono ormai stanchi di questa invasione, vogliono solo la pace e una vita normale, in un Paese che da 8 anni soffre di una sorta di guerra civile. Sorvoliamo sul fatto che l’Italia con Berlusconi vent’anni fa si legò al gas russo. E che Giuseppe Conte e i Grillini tenacemente abbiano ostacolato fonti alternative energetiche, in una sospetta sintonia con Putin.


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